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Ritorno al futuro. Incontro con David Lynch

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Foto © Dana de Luca

Dopo la grottesca apparizione di David Lynch alla trasmissione televisiva Che tempo che fa, incontrare il regista statunitense dal vivo è stato come una sorta di “Ritorno al futuro”, tanto per rimanere nel campo delle citazioni cinematografiche. David Lynch, ospite a Milano nell’ambito degli incontri organizzati da Leggero come una pietra, allo spazio Stone Italia, ha infatti trovato quello che potremmo definire un pubblico “giusto”, milanesi che si muovono pur di non mancare. Luogo adatto all’occasione, all’insegna del design che tanto caratterizza questa città. Insomma, un mix di sicuro appeal.

La saletta in cui si tiene la conferenza è affollata, il regista è in ritardo e tra il pubblico comincia a serpeggiare l’idea che si tratti del solito atteggiamento divistico che contraddistingue le star di Hollywood. Poi Lynch appare, con quella sua aria quieta, gli occhi chiari che vagano per la sala esprimendo quasi una sorta di stupore nel trovarsi di fronte a noi e ogni piccola contrarietà che possiamo aver provato scompare.

Per prima cosa Lynch ci parla della Coscienza, di come essa appaia lentamente e di come per far evaporare lo stress, l’ansia, la depressione, l’aggressività che la soffocano si possa utilizzare la tecnica della Meditazione Trascendentale. Racconta di come verso la fine degli anni Sessanta avesse ascoltato una frase pronunciata dai Beatles: “La vera felicità è dentro di noi”. A quel tempo il celebre quartetto di Liverpool frequentava il Maharishi Mahesh Yogi. Ne rimase colpito ma pensò anche che si trattasse di una gran predita di tempo: “Gli artisti non vogliono appartenere a gruppi di nessun genere”. Non poteva funzionare. Tuttavia Lynch era alla ricerca di qualcosa che gli permettesse di esplorare meglio la propria creatività, la propria capacità di catturare le idee. Provò diversi tipi di meditazione ma alla fine comprese che quella Trascendentale era l’unica che gli permetteva di crescere: “Noi cresciamo quando la nostra coscienza cresce” ci dice.

Le punte delle dita vibrano nell’aria quasi volesse farci sentire una melodia, la sua attenzione è massima: egli è presente pur essendo, con molta probabilità, altrove, stato non particolarmente difficile da attuare se si pratica Meditazione Trascendentale da quarant’anni. Osservando i sui movimenti, ascoltando il tono della sua voce si rimane rapiti, consapevoli di essere in presenza del genio cinematografico da tutti definito “visionario”, ed è come se ci aspettassimo di assistere allo svelamento di tali visioni. Il suo spiegare è di per sé già un mantra che egli cala sulle nostre teste affollate di tutto ciò di cui quotidianamente ci nutriamo, e le rivelazioni semplici che ascoltiamo sono come il cibo che ci neghiamo, quello che fa bene al corpo e all’anima e che invece costantemente sostituiamo con i veleni imposti dal potere che ci intossica giorno dopo giorno.

Poi parla della Libertà, dice che alberga dentro noi, è sempre stata lì. L’ascoltatore reso scettico dalle storture della vita quotidiana, quelle che ci vengono imposte sotto forma di “nostro” pensiero, fatica a capire. Eppure il suo scarno discorso è teso a farci comprendere che l’origine di ogni cosa è situata al nostro interno, che quel “campo unificato” ben sotto il livello della linea della vita superficiale, quel territorio all’interno del quale ogni cosa è illimitata: la coscienza, l’amore, l’intelligenza, la pace, è lì, dentro il nostro profondo, un potenziale enorme che possediamo fin dalla nascita e che non si è mai mosso. Attraverso la Meditazione Trascendentale questo potenziale può essere risvegliato e a osservare la quiete con la quale ci parla di tutto ciò sembrerebbe davvero possibile recuperare il nostro mondo interiore.

A questo punto il pubblico è in totale stato di ipnosi dal quale emergono alcune parole che colpiscono, come visioni. Progetto è una di queste. Il Progetto è importante ed è profondamente radicato nella vita di ognuno. Il regista ricorda di quando, da bambino, la casa dei suoi genitori disponesse di una piccola falegnameria, dunque era naturale andare lì dentro e tentare di costruire la propria idea. Lynch ama rappresentare le idee come pesci, se vuoi prendere un pesce piccolo puoi restare nell’acqua bassa, più si va nel profondo, invece, e più i pesci sono puri e forti. “Se un musicista prende una chitarra, comincia a muovere le corde cercando un suono. Si innesca così un processo di azione e reazione. Le azioni e le reazioni che funzionano vengono scelte e messe in sequenza e la creazione avviene naturalmente”. È così semplice, quindi, processo della creatività? Nel cinema accade allo stesso modo: “l’importante però – dice – è rimanere fedeli all’idea, solo così si trasformerà in buon cinema”. A conti fatti, tutto appare sotto una forma scientifica, il pensiero viene generato in un luogo nel quale si addensano le diverse particelle provenienti da ogni parte, attraverso il processo scientifico della creazione esse si assemblano trasformandosi in materia artistica.

Disciplina, un’altra parola leggera come una pietra. Lynch spiega senza enfasi che non bisogna forzare nulla: “Se sei innamorato non ti pesa guidare verso la casa della tua fidanzata”. La disciplina non è uno sforzo è un piacere. La sua meditazione giornaliera ad esempio è una disciplina: bastano venti minuti due volte al giorno e dopo averla compiuta egli è pronto ad iniziare con ciò che lo attrae in quel momento.

Insomma, a dirla tutta, David Lynch non sembra raccontarla tanto male questa storia e avrebbe potuto essere davvero una serata perfetta, ma anche in questa occasione vi sono stati interventi che non hanno resistito alla voglia di fare le “solite domande”. Così a chi gli chiede come faccia a coniugare le straordinarie visioni rappresentate nei suoi film con la pratica della Meditazione Trascendentale il regista risponde “I film raccontano la vita, non come io la vivo”. Dunque l’atto creativo viaggia su un doppio livello, si immerge in ciò che sta creando e al contempo ne resta al di fuori. Questo stato determina un equilibrio e diventa la chiave per realizzare un’opera in grado di coinvolgere lo spettatore e far sì che la sua immaginazione possa esprimersi. E ancora a chi gli chiede se ha intenzione di produrre il seguito di Mulholland drive risponde: “Un film è un’opera compiuta. Mai fare un film se non lo si può portare a termine”.

© CultFrame 02/2014

 

LINK
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Il sito di David Lynch
Filmografia di David Lynch


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